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Transformers - L’ultimo cavaliere di Michael Bay

La Terra sta per essere attaccata dai Decepticon, inviati dalla dea Quintessa. Lo scopo è quello di recuperare un antico bastone che la dea sostiene le sia stato rubato, e che vuole usare per assorbire la forza vitale del pianeta. L'unica speranza di salvezza è affidata ancora una volta a Cade Yaeger, che si allea con la professoressa di Oxford Vivian Wembley e con Sir Burton, ultimo membro di un'antica fratellanza che custodisce il segreto dei Transformers.
Michael Bay è uno dei registi contemporanei che ha premuto maggiormente il pedale del dinamismo sfrenato, per il ritmo impressionante dato alle sequenze d’azione ma anche per la velocità con cui monta ogni singola scena, fosse anche un semplice dialogo. In alcuni casi ha funzionato, in altri meno. Il primo Transformers, del 2007, è innegabilmente un'opera di notevole impatto, non solo spettacolare. Questo quinto capitolo, Transformers - L’ultimo cavaliere (Transformers: The Last Knight), non smentisce la fama che accompagna Bay, ma non si può dire che sia il suo film più riuscito. A ogni buon conto, conferma in maniera inequivocabile che la serie tratta dalla saga d'animazione calza a pennello al modo di fare cinema del regista californiano. Poiché non c'è dubbio che esso vada nella direzione di una ricerca sulla trasformazione e la mutazione, che riguarda innanzitutto proprio la struttura e la forma filmica. Pratica abbastanza comune da almeno tre decenni, in realtà, ma che ai cineasti del nuovo millennio è rimasta l'unica ormai attuabile e su cui lavorare, aggiornandola al contesto hi-tech contemporaneo. Tale pratica contempla com'è ovvio anche un approccio cinefilo onnivoro e che sembra non avere altro fine che il contemplare in maniera ossessiva il divenire dell'immagine (e il suo riprodursi in continuazione) e che comunque Bay riesce nei suoi lavori migliori a mimetizzare all'interno di un contenitore narrativo oliato (quasi) alla perfezione. Non è il caso di Transformers – L'ultimo cavaliere, in cui la volontà di comprimere tante (troppe) situazioni nelle due ore e venti di durata produce un effetto stordente. Eppure il connubio umani/transformers è accompagnato, con ogni probabilità per scelta, da scarti narrativi ed espressivi che proprio quando stridono assumono un valore superiore alla qualità complessiva. Perché è indubbio che Transformers – L'ultimo cavaliere abbia più difetti che pregi. A livello visivo non può vantare la nettezza dei precedenti di Bay e le ambientazioni sono quelle che sono. Il cast inoltre, con Hopkins che fa il lord inglese, Turturro sempre al telefono, non eccelle; il più azzeccato risulta Stanley Tucci, interprete di Merlino in un prologo che sembra quasi una parodia alla Monty Python. Ma, cosa non nuova nel cinema contemporaneo, la palma del miglior personaggio va al robot maggiordomo/tuttofare di Burton, Cogman (in modo dichiarato e ironico ispirato al droide di Guerre stellari C-3PO e simile al K-2SO di Rogue One: A Star Wars Story), senz'altro migliore di quelli in carne e ossa: e su questo qualcuno dovrebbe scrivere (se non è già stato fatto) un trattato.      

Giudizio: **


  • Titolo: Transformers – L’ultimo cavaliere
  • Regia: Michael Bay
  • Sceneggiatura: Art Marcum, Matt Holloway, Ken Nolan 
  • Fotografia: Jonathan Sela
  • Montaggio: Mark Sanger, Roger Barton, John Refoua, Adam Gerstel
  • Musiche: Steve Jablonsky
  • Scenografia: Jeffrey Beecroft
  • Produzione: Hasbro, Di Bonaventura Pictures
  • Anno: 2017
  • Paese di produzione: Stati Uniti d'America
  • Durata: 149’
  • Cast: Mark Wahlberg, Anthony Hopkins, Laura Haddock, Stanley Tucci, John Turturro, Isabela Moner, Josh Duhamel.

(a cura di Roberto Frini)